I livelli plasmatici di lipoproteine ad alta densità (HDL, cosiddetto colesterolo buono) sono associati in modo inversamente proporzionale al rischio di malattie cardiovascolari: cioè sembra che agiscano da fattori protettivi verso queste malattie. Finora, però, i tentativi di dimostrare che il loro aumento (ottenuto con i farmaci) comporti una ulteriore diminuzione del rischio cardiovascolare, non hanno ottenuto risultati inequivocabili.
Analizzando 108 studi di autorevole livello scientifico - coinvolgenti oltre 300.000 pazienti - si è voluto valutare se le variazioni del colesterolo HDL si associno a modifiche della mortalità e dei casi di malattie cardiovascolari gravi.
Il lavoro, pubblicato sul British Medical Journal, ha dimostrato che non esiste alcuna associazione tra l'aumento delle HDL (grassi buoni) e la diminuzione della mortalità generale o specifica per malattie cardiovascolari, e lo stesso vale per i casi di malattie cardiovascolari in genere.
Si è invece osservato che la diminuzione delle LDL (colesterolo cattivo) comporta una riduzione evidente dei rischi correlati. In particolare, abbassando i valori delle LDL di 10 mg/dl si ha una riduzione del rischio di morte generale di circa il 4,4%, di morte specifica cardiaca del 7,2% e degli eventi cardiaci in genere del 7,1%.
In definitiva, lo studio suggerisce che è meglio abbassare i livelli elevati di LDL (abbattere i grassi cattivi) che aumentare i livelli di HDL (aumentare i grassi buoni).
La scelta di una terapia con farmaci ipolipemizzanti, quindi, deve partire dal presupposto che il farmaco sia in grado di diminuire le LDL, indipendentemente da una dichiarata efficacia sulle HDL.
Briel M et al. Association between change in high density lipoprotein cholesterol and cardiovascular disease morbidity and mortality: Systematic review and meta-regression analysis. BMJ 2009 Feb 16; 338:b92
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