lunedì 21 gennaio 2013

La salute verso l'estinzione?

Era il 1994 quando il New England Journal of Medicine pubblicò una lettera del professor C. K. Meador -docente all'Università di Nashville nel Tennessee- che l'aveva scritta in seguito ad una cena con amici. Ciascuno di costoro presentava qualche "lieve problema" e tutti prendevano qualche medicina, erano in trattamento. 
Il professor Meador cerca, nella sua lettera, di immaginare come vivrà l'ultima persona sana. 
E da qui parte la descrizione: "Sarà completamente occupata ad eseguire esami del sangue, delle urine e delle
feci, visite mediche generiche e specialistiche, esplorazioni periodiche di ogni orifizio, esami accurati della pelle, e si sottoporrà ad attività fisica calibrata e a una dieta rigorosa (che dovrà continuamente variare, aggiornandosi ai risultati delle ultime ricerche). 
Come incipit, Meador cita una frase di A. J. Barsky, uno psichiatra di Boston: "Ci deve essere qualcosa che non funziona, se una persona, quando non ha alcun problema, va a farsi visitare da un medico". 

E' questo il progresso che desideriamo? 
Stiamo così bene, siamo così ben curati che ci sentiamo tutti ammalati? 
Si ha l'impressione che la salute si possa conquistare solo con un perenne stato di malattia. 
Meglio flagellarsi con medicine, diete, controlli, esercizi e rinunce nella speranza di un beneficio, pur sapendo che solo -probabilmente- i nostri sforzi ridurranno il rischio di incorrere in una malattia e allontaneranno il momento della morte. 
Nessuno ci potrà dire come vivremo gli anni che abbiamo guadagnato con la prevenzione o con le cure efficaci: in perfetta salute attorniati dall'affetto dei nostri cari o in un letto assistiti da una svogliata badante?
Fa riflettere, certamente, questo articolo. Ci porta per un attimo fuori dal rumore quotidiano del rischio onnipresente, ci rinsavisce dalla pazzia del rincorrere ogni nuova tecnica della medicina purché promettente qualcosa che neppure conosciamo nell'intimo, ci libera dall'ubriacatura delle promesse di perenne giovinezza estetica, ci rinsavisce, insomma. Anche se solo per un attimo. Approfittiamone, allora. La salute è un'altra cosa, senza 'se' e senza 'ma'. Tuttavia, sempre più spesso, noto che la medicina fa fatica a sintonizzarsi con la salute, quella vera. Un'attenzione particolare, ad esempio, va dedicata all'infanzia senza tutela. Diventa necessario, prioritario anzi, saper comunicare in modo semplice ed efficace. Diventa necessario saper ascoltare, saper coinvolgere, saper emozionare. Prendiamo spunto dalla pubblicità, che lo sa far bene: ci vende persino la felicità con falsi cibi. Impariamone il linguaggio, noi medici, e poniamolo a servizio della salute. In modo virtuoso. Ci si appassiona, credetemi.

La lettera del professor Meador è tratta dal libro del dottor Marco Bobbio "Il malato immaginato, i rischi di una medicina senza limiti".


1 commento:

  1. Concordo pienamente con il contenuto della lettera. Ritengo anch'io che oramai la medicina ufficiale sia un immenso "protocollo" e che risponda sempre meno ai reali bisogni della persona e risponda piuttosto sempre più a più prosaici interessi materiali.

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